L’aumento dell’aspettativa di vita e le mutate abitudini delle persone determinano anche un incremento delle patologie di tipo degenerativo e traumatico dell’apparato locomotore. Tra tutte le artrosi, quella all’anca, è la patologia degenerativa maggiormente incidente: oltre 50%. Ne consegue l’aumento di interventi chirurgici di protesi.
La Casa di Cura “Giovanni XXIII”, ora Presidio Ospedaliero di Monastier (TV), è la struttura regionale che ha effettuato il maggior numero di interventi di protesi all’anca in Veneto. Il dato emerge dal Programma Nazionale Esiti (P.N.E.) del Ministero della Salute diffuso in questi giorni (https://pne.agenas.it/risultati/tipo5/tab_strT5.php?ind=124&tipo=5&area=5).
Nel corso del 2019, l’equipe della chirurgia protesica coordinata dal Dottor Carlo Callea della quale fanno parte i dottori Angelo Genova, Roberto Corezzola, Andrea Maggi, Mirko Marchiori, Massimo Zona, Marco Filipputti, Ettore La Bruna, Marco Pavan e Massimo Di Giuseppe, ha effettuato 793 interventi di protesi d’anca e 786 interventi di protesi di ginocchio, collocando la struttura di Monastier al 1° posto per protesica anca/ginocchio nella regione Veneto e al 6° posto della classifica nazionale P.N.E del Ministero della Salute.
Le tecniche utilizzate sono in continua evoluzione anche in relazione ai materiali sempre più affidabili meccanicamente e biocompatibili. Questo consente di rivolgersi ad una popolazione più giovane che necessita di una ripresa funzionale precoce.
Tecniche chirurgiche a ridotta invasività tessutale ed ancor più ossea consentono minor stress operatorio al malato e quindi una minore rischiosità anche in virtù di una più rapida ripresa funzionale.
Un paziente che entra nella sezione di chirurgia protesica di Monastier, per intervento di protesi all’anca o di ginocchio, spesso, è già in piedi dopo poche ore dall’intervento e questo anche grazie agli aggiornamenti continui e all’esperienza pluriennale del personale sanitario dell’equipe di chirurgia protesica di Monastier.
Dopo la chirurgia si ricorre al processo riabilitativo in cui l’operato diviene soggetto attivo. Il reparto fisioterapico, con la nuova palestra del “Giovanni XXIII” diretto dal dottor Alessandro Munari consente all’operato, attraverso opportune ed attuali metodiche riabilitative, di riprendere le normali attività già dopo poche settimane.
“La forza del percorso riabilitativo sta nella multidisciplinarietà di una équipe coesa di medici ortopedici e fisiatri e nella collaborazione continua di tutto il personale medico con i fisioterapisti e gli infermieri che, insieme alle tecniche operatorie e riabilitative, rendono più rapido, ma nello stesso tempo umano, il periodo di ospedalizzazione – fa sapere il dottor Alessandro Mario Munari Responsabile del Reparto e del Servizio di Medicina fisica e riabilitativa del “Giovanni XXIII”- Il paziente al centro del percorso riabilitativo individuale si sente già come se fosse a casa, inserito nel proprio ambiente quotidiano, rendendo più veloce il recupero psicofisico post intervento”.
Nella nuova palestra del reparto di medicina riabilitativa di Monastier è presente anche un’innovativa strumentazione robotica: “Humana”. Attraverso un avatar accelera i tempi di recupero restituendo l’autonomia nel cammino e migliorando i risultati del trattamento dopo interventi chirurgici ortopedici o traumi sportivi e del trattamento di patologie degenerative articolari dell’anziano o di eventi neurologici come l’ictus.
“Ringrazio tutti gli operatori sanitari per la professionalità e cura che riservano a tutti i pazienti. Elementi essenziali per raggiungere risultati talmente importanti da farci collocare tra le migliori strutture in Italia in ambito chirurgico-ortopedico. – Da parte di tutti c’è sempre stata massima dedizione e disponibilità, in particolare durante il difficile periodo della pandemia. Lo stop alle attività extra covid, del marzo dello scorso anno, aveva fatto accumulare molti interventi che però sono stati recuperati durante il periodo estivo grazie a molti operatori sanitari che hanno in parte rinunciato al loro periodo di ferie per assorbire i pazienti in lista d’attesa – conclude Gabriele Geretto.